Quando ero piccolo e vivevo nel
paesino abruzzese in cui nacqui, sulle cartoline che ricevevo da mia nonna spesso
comparivano solo nome e cognome mio e di mio fratello, e poi direttamente il CAP
e il paese, senza indirizzo. E arrivavano! Ecco, a Lisbona non sarebbero mai arrivate.
Non per gli ovvi motivi che starai immaginando, ma per altri.
Ti spiego meglio. Quando inviai
una lettera a Paulo (le email già esistevano da un po’ ma una lettera è sempre
una lettera) mi premurai di copiare scrupolosamente l’indirizzo che mi aveva
frettolosamente prescritto ma, non riconoscendo una F (che mi sembrava un +
sormontato da un -), la tralasciai. Dopo un paio di settimane la lettera mi
tornò indietro. Non immaginavo ancora che qui gli indirizzi sono una cosa molto
seria e basta una lettera (d’alfabeto) fuori posto per far tornare la lettera
(missiva) direttamente al mittente. Nel caso specifico, l’indirizzo di cui
sopra era: rua quel che è, numero civico, R/C (rés-do-chão, cioè piano
terra), F (frente, cioè di fronte). Tu dirai: va be’, il postino vede il
nome del destinatario e infila la lettera nella cassetta corrispondente. Lo
dicevo pure io, ma non sapevo che in Portogallo i nomi non compaiono mai né
sulle cassette della posta, né sui citofoni, né sui campanelli delle porte.
Anonimato puro. Ecco perché è di fondamentale importanza trascrivere
scrupolosamente tutte le lettere e tutti i numeri dell’indirizzo.
Mi sono sempre chiesto il perché
di questa rigida riservatezza sui portoni portoghesi. Forse è un retaggio del
fascismo, quando non c’era bisogno di leggere i nomi sulle porte perché la Pide già sapeva chi ci abitava dietro (ipotizzo a caso, non prendermi sul serio). Fatto
sta che qui non succede come sui pannelli del citofono dei condomini italiani,
dove regna una selva di nomi e di pecette scritte a mano o al computer o a
macchina (a macchina!). C’è solo una sobria placca con dei sobri pulsanti accompagnati
da un sobrio numero e, non sempre, una lettera.
Quindi, tornando alla teoria degli
indirizzi portoghesi: prima di tutto va scritta la via col numero civico, come
è ovvio. Poi il piano. Che può essere r/c, 1°, 2° e così via. Se su ogni piano
ci sono più appartamenti allora si procede con destra-sinistra (D = direita: E
= esquerda). E se ce ne sono tre? C’è appunto la famigerata F (= frente). E se
ne sono più di tre? Nella mia esperienza: non pervenuto.
Ad esempio:
Manuel Oliveira de Carvalho
rua do Telhal, 35 2°D
1150-346 Lisboa
Naturalmente la corretta
combinazione non è indispensabile solo per il postino, ma anche per te che devi
andare a trovare i tuoi amici. Per esempio, benché io sia andato a cena da
Teresa decine di volte, non riesco proprio a ricordare se devo citofonare a 2°D
o 2°E. Mi tocca sempre fare uno squillo e dire: “Sono al portone, mi apri?”. Quindi,
gira e rigira, la domanda è sempre quella: ma prima, senza cellulari, come si faceva?
Graziano, mi sa che solo in Italia i nomi sono esposti su campanelli e citofoni! Quanto a D, E e F... non ci ho mai capito nulla... alla fine ci ho rinunciato e usavo pure io la tattica del cellulare o quella di suonare a casaccio (1, 2, X?) sperando di imbroccarla al primo colpo! :)
RispondiElimina:-)
EliminaCi sono molti pianerottoli che hanno, ad esempio, 4 appartamenti. Ecco perché c'è il bisogno di distinguerli con le lettere dell'alfabeto.
RispondiEliminaNormalmente se ci sono solo 2 appartamenti essi vengono distinti con Esq. (esquerdo - sinistra) e Direito (destra).
Complimenti per il blog.
Grazie per la puntualizzazione. E soprattutto per i complimenti :-)
Eliminahttps://youtu.be/FTbNvVyxMKo
RispondiEliminaConoscevo questa bella canzone. Grazie, sconosciuto, per avercela ricordata!
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