sabato 21 gennaio 2012

EU FALO PORTUGUÊS



Buon per te se parli una lingua straniera, saprai sicuramente quanto giova all'autostima. Ma se la parli molto bene, saprai anche che non la parlerai mai abbastanza bene quanto vorresti, checché ne dicano i tuoi amici madrelingua che ti assicurano che la parli benissimo. Di cosa sto parlando? Ecco.

Conoscere bene una lingua non vuol dire necessariamente essere in grado di utilizzarla disinvoltamente in ogni circostanza. Un conto è discettare di filosofia, di politica o di cinema con i tuoi amici iperistruiti che parlano un portoghese ripulito, senza inflessioni marcate, con le voci verbali e le concordanze giuste e con argomentazioni che afferri anche se uno o due vocaboli ti sfuggono. Altro è dover spiegare ciò di cui hai bisogno a un fabbro e, cosa ancora più ardua, riuscire a capire quello che il suo garzone, venuto a casa tua a fare il lavoro, cerca di spiegarti.

Funziona così: quando interagisco con le persone della mia genia utilizzo un registro linguistico alquanto elevato, e in quel caso è facile aiutarsi con le comuni radici e desinenze grecolatine e con una buona dose di culo visto che molte parole portoghesi sono uguali a quelle italiane, come in modo molto più fine mi faceva notare la mia prof. Al contrario, la questione si fa piuttosto complicata se sono costretto a mischiarmi con l'odiosa plebe: quando ti si rivolgono con un accento molto stretto (a Lisbona hanno la fastidiosa abitudine di risparmiare sulle vocali), con una grammatica squinternata o con un gergo da scaricatori di cassette di scarola, puoi aver letto tutti i libri di Saramago in lingua originale, ma ti troverai all'improvviso di fronte a un idioma sconosciuto.

Proprio come mi accadde col garzone del fabbro. Già fu una fatica il dialogo col mastro che, oltre ad avere uno stretto accento lisboeta avaro di vocali, mi buttava addosso termini come intercapedine, bullone o rondella (prova a tradurre al volo questi termini nella tua lingua straniera preferita). Quando poi venne il garzone a fare il suo lavoro sul mio terrazzo, mi sembrava di avere a che fare con Klunk di Muttley e le macchine volanti. E il bello è che, davanti al mio visibile smarrimento, Klunk ripeteva più volte gli stessi oscuri versi nel vano tentativo di farsi comprendere. Alla fine capii come fare: dire solo e sempre di sì.

2 commenti:

  1. Beato te che riesci a discettare di filosofia e politica!!
    Sigh, io me la cavo meglio coi discorsi da bassa plebe :)
    Chiaramente pure senza termini tecnici...ehehe!
    Una volta mi è capitato di sentir parlare un tizio in Alfama e c'ho capito davvero poco, per fortuna anche gli altri che erano con me (nessun portoghese però) ci han capito poco. Secondo me parlava una specie di dialetto, uno slang di Alfama: esiste?

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    1. ciao elle
      pazienta un po' e vedrai che riusciari anche tu a discettare degli argomenti che vuoi. Per quanto riguarda il tizio di Alfama che non capivi, be', non sei la sola. Considera che la "plebe", in qualunque parte del mondo, oltre a parlare probabilmente un gergo incomprensibile, di sicuro non parla la lingua pulita e senza inflessioni, e per uno straniero fresco di corso di lingua è davvero difficile capire. Quindi tieni duro e frequenta più spesso le bettole dell'Alfama :-)

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